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      Essere il viceré andato a trionfare di una vittoria nella quale era notissimo a tutto l'esercito che esso non aveva parte alcuna, e che essendo nell'ardore della giornata restato senza animo e senza consiglio, molti gli avevano udito dire piú volte: - noi siamo perduti; - il che quando negasse si offeriva parato a provargliene, secondo le leggi militari, con l'arme in mano. Accresceva la mala contentezza del marchese che avendo, subito dopo la vittoria, mandato a pigliare la possessione di Carpi, con intenzione di ottenere quella terra per sé da Cesare, non era ammesso questo suo desiderio; perché Cesare, avendola conceduta due anni innanzi a Prospero Colonna, affermava che benché mai ne avesse avuta la investitura, volere, in beneficio di Vespasiano suo figliuolo, conservare alla memoria di Prospero morto quella remunerazione che aveva fatto alla virtú e opere di lui vivo: la quale ragione ancora che fusse giusta e grata, e al marchese dovessino piacere gli esempli di gratitudine se non per altro perché gli accrescevano la speranza che avessino a essere remunerate tante sue opere, non era nondimanco accettata da lui; il quale, come sentiva molto di se medesimo, giudicava conveniente che questo suo appetito, nato da cupidità e da odio implacabile che e' portava al nome di Prospero, fusse anteposto a ogni altro benché giustissimo rispetto. Però, e con Cesare e con tutto il consiglio erano gravissime le sue querele, e tanto palesi in Italia i suoi lamenti, e con tale detestazione della ingratitud


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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