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      In costui, assunto al pontificato, apparí tanta magnificenza e splendore e animo veramente regale che e' sarebbe stato maraviglioso eziandio in uno che fusse per lunga successione disceso di re o di imperadori: né solo profusissimo di danari ma di tutte le grazie che sono in potestà di uno pontefice; le quali concedeva sí smisuratamente che faceva vile l'autorità spirituale, disordinava lo stile della corte, e per lo spendere troppo si metteva in necessità di avere sempre a cercare danari per vie estraordinarie. A questa tanta facilità era aggiunta una profondissima simulazione, con la quale aggirava ognuno nel principio del suo pontificato, e lo fece parere principe ottimo; non dico di bontà apostolica, perché ne' nostri corrotti costumi è laudata la bontà del pontefice quando non trapassa la malignità degli altri uomini; ma era riputato clemente, cupido di beneficare ognuno e alienissimo da tutte le cose che potessino offendere alcuno. Il medesimo fu deditissimo alla musica alle facezie e a' buffoni; ne' quali sollazzi teneva il piú del tempo immerso l'animo, che altrimenti sarebbe stato volto a fini e faccende grandi, delle quali aveva lo intelletto capacissimo. Credettesi per molti, nel primo tempo del pontificato, che e' fusse castissimo; ma si scoperse poi dedito eccessivamente, e ogni dí piú senza vergogna, in quegli piaceri che con onestà non si possono nominare. Ebbe costui, tra le altre sue felicità, che furono grandissime, non piccola ventura di avere appresso di sé Giulio de' Medici suo cugino; quale, di cavaliere di Rodi, benché non fusse di natali legittimi, esaltò al cardinalato.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Giulio Medici Rodi