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      Però rispose il pontefice, con gravissime parole: non avere con Cesare causa alcuna particolare di discordia, anzi, che di ogni differenza e disputa che potesse essere tra loro non eleggerebbe mai altro giudice che lui; ma che era anche necessario fermare in modo le cose comuni che Italia restasse sicura, il che non poteva essere se non si rilasciava a Francesco Sforza il ducato di Milano; e gli mostrò le ragioni per le quali quello capitolo cosí generale non era bastante; conchiudendo che a lui sarebbe grandissimo dispiacere di essere necessitato a pigliare nuove deliberazioni, e discostarsi da Cesare col quale era stato sempre congiuntissimo. Replicò il duca di Sessa che la mente di Cesare era sincerissima, e che senza dubbio era contento che, non ostante tutto quello fusse accaduto, il ducato di Milano restasse a Francesco Sforza, ma che per inavvertenza non era stato disteso il capitolo in ampia forma; ma facesse il pontefice riformarlo a modo suo, che gli promettevano presentargli in termine di due mesi la ratificazione, pure che anche egli promettesse che, durante questo tempo, non conchiuderebbe la lega che si trattava col governo di Francia e co' viniziani. Fu conosciuto chiaramente per ciascuno che questa offerta non aveva altro fondamento che il desiderio di guadagnare dilazione di due mesi, acciò che Cesare avesse spazio di potere meglio deliberarsi e provedere i rimedi contro a tanta unione; e nondimeno il pontefice, dopo molte dispute e con grandissimo dispiacere degli altri imbasciadori, acconsentí a questa dimanda, sí per desiderio di allungare quanto poteva lo entrare nelle spese e nelle molestie come perché gli pareva che, mentre che il cristianissimo era prigione, fusse pericolosissima ogni congiunzione che si facesse con la madre, essendo in potestà di Cesare dissolverla ogni volta che gli piacesse; e questa dilazione potere pure portare, ancorché poco se ne sperasse, la conclusione desiderata; e se pure causasse la concordia tra i due re, considerò profondamente (ancora che molti altri giudicassino in contrario) che meglio era che si facesse in tempo che Cesare avesse minore necessità; perché quanto fusse in grado migliore tanto sarebbono piú gravi le condizioni che egli porrebbe al re di Francia; l'asprezza delle quali dava speranza che il re, poiché fusse liberato, non le avesse a osservare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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