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      Nominoronsi molti di comune consentimento, eziandio i svizzeri, ma nessuno de' potentati italiani, eccetto il pontefice, quale chiamorono per conservatore di questa concordia; cosa piú presto di cerimonia che di sostanzialità. Aggiunsesi la fede data dal re di ritornare spontaneamente in carcere quando, per qualunque cagione, non adempiesse le cose promesse.
      Grandissima fu l'ammirazione che ebbe di questo accordo tutta la cristianità: perché, come si intese che la prima esecuzione aveva a essere la liberazione del cristianissimo, fu giudizio universale di ciascuno che, liberato, non avesse a dare la Borgogna, per essere membro di troppa importanza al reame di Francia; e, da quegli pochi in fuora che ne avevano confortato Cesare, la corte sua tutta ebbe la medesima opinione. E il gran cancelliere, sopra gli altri, riprendeva e detestava, e con tale veemenza che ancora che avesse comandamento di sottoscrivere la capitolazione, come è uffizio de' gran cancellieri, ricusò di farlo, allegando che l'autorità che gli era stata data non doveva essere usata da lui nelle cose pericolose e perniciose come questa; né si potette rimuoverlo dal suo proposito con tutta la indegnazione di Cesare: il quale, poi che lo vidde stare in questa pertinacia, egli proprio la sottoscrisse; e pochi dí poi andò a Madril per stabilire il parentado, e con famigliari e dimestichi parlamenti fondare col re amicizia e benivolenza. Grandi furono le cerimonie e le dimostrazioni di timore tra loro: stetteno molte volte insieme in publico, ebbono soli in segreto piú volte lunghissimi ragionamenti; andorono, portati da una medesima carretta, a uno castello vicino a mezza giornata, dove era la regina Elionora, con la quale contrasse, credo, lo sposalizio.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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