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      E perché col legato era stato trattato che, per levare di Lombardia lo esercito, grave a tutta Italia, si pagassino dal papa e da lui, come re di Napoli, e dagli altri d'Italia, ducati cento cinquantamila, e si conducesse a Napoli o dove, fuora d'Italia, paresse a Cesare, che diceva volerlo fare passare in Barberia, fu aggiunto che, essendo lo esercito creditore di maggiore quantità che non era allora, fussino ducati dugentomila.
      Presentorono il duca di Sessa ed Errera al pontefice la copia di questi capitoli, con protestazione che in potestà loro non era di variarne pure una sillaba; e nondimeno arebbeno facilmente preso forma tutte l'altre difficoltà pure che del ducato di Milano fusse stato disposto in modo che il pontefice e gli altri non avessino causa d'avere sospetto. Ma si considerava che il duca di Borbone era inimico cosí implacabile del re di Francia che, o per sicurtà sua o per cupidità di entrare in Francia, starebbe sempre soggettissimo a Cesare, né si potrebbe mai sperare che la troppa grandezza sua gli fusse molesta; e che il capitolo di levare lo esercito di Lombardia, che tanto era stato desiderato da tutti, e per il quale effetto non sarebbe paruto grave pagare ogni quantità di denari, riusciva di nissuna utilità, poiché a Milano restava uno duca che non solo a ogni cenno di Cesare ve lo arebbe accettato, anzi forse, per interesse proprio, desiderato e stimolatolo. Però il pontefice, il quale, perché nella concordia fatta col re di Francia non si faceva menzione sostanziale di lui, né della sicurtà degli stati di Italia memoria alcuna, si era confermato nella persuasione fattasi prima che la grandezza di Cesare avesse a essere la servitú sua, deliberò di non accettare lo accordo nel modo che gli era proposto, ma di conservarsi libero insino a tanto che avesse certezza quello che facesse il re di Francia circa alla osservazione del suo appuntamento: nella quale sentenza si determinò con maggiore animo perché, oltre a quello che pareva verisimile, gli penetrò agli orecchi, per parole dette dal re innanzi fusse liberato, e da altri a' quali erano noti i consigli suoi, egli avere l'animo alieno dalla osservanza delle cose promesse a Cesare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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