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      Le ragioni, che a' mesi passati l'avevano inclinato alla guerra, non solo erano le medesime ma ancora piú considerabili e piú potenti: perché e quanto tempo piú si erano allungate le pratiche Cesare aveva potuto scoprire meglio l'animo del pontefice essere alieno dalla grandezza sua; e il pontefice, per lo accordo che egli aveva fatto col re di Francia, era entrato in giusto sospetto di non potere ottenere condizioni eque da lui, e che gli avesse in animo di opprimere il resto d'Italia; e il pericolo ogni dí piú era presente, approssimandosi il castello di Milano alla dedizione. Incitavano l'animo suo le ingiurie che si rinnovavano dai capitani imperiali; i quali, dopo la capitolazione fatta a Madril, avevano mandato ad alloggiare nel piacentino e nel parmigiano uno colonnello di fanti italiani, dove facevano infiniti danni; e querelandosene il pontefice, rispondevano che per non essere pagati vi erano venuti di propria autorità. Commovevanlo eziandio le cose forse piú leggiere ma interpretate, come si fa nelle sospizioni e nelle querele, nella parte peggiore: perché Cesare aveva publicato in Spagna certi editti pragmatici contro alla autorità della sedia apostolica, per virtú de' quali essendo proibito a' sudditi suoi trattare cause beneficiali di quegli regni nella corte romana, ebbe ardire uno notaio spagnuolo, entrato nella ruota di Roma il dí deputato alla udienza, intimare in nome di Cesare ad alcuni che desistessino di litigare in quello auditorio. Né solo pareva che per la liberazione del cristianissimo fusse sciolto quel nodo che aveva tenuto implicati gli animi di ciascuno, che i franzesi per riavere il suo re fussino per abbandonare la lega, e la compagnia del re di Francia si conosceva di molto piú importanza alla impresa che non sarebbe stata quella della madre e del governo, ma ancora si vedevano maggiori l'altre occasioni.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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