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      Recusò il pontefice che in questa confederazione fusse compreso il duca di Ferrara, ancora che desiderato dal re di Francia e da' viniziani; anzi ottenne che nella confederazione si esprimesse, benché sotto parole generali, che i confederati fussino obbligati ad aiutarlo alla recuperazione di quelle terre delle quali era in disputa con la Chiesa. De' fiorentini non fu dubbio che effettualmente non fussino compresi nella confederazione, disegnando il pontefice non solo valersi delle genti d'arme e di tutte le forze loro ma ancora di fargli concorrere seco, anzi sostentare per la maggiore parte le spese della guerra: ma per non turbare a quella nazione i commerci che avevano nelle terre suddite a Cesare, né mettere in pericolo i mercatanti loro, non furono nominati come principalmente collegati ma detto solamente che, per rispetto del pontefice, godessino tutte le esenzioni privilegi e benefici della confederazione come espressamente compresi, promettendo il pontefice per loro che per modo alcuno non sarebbeno contro alla lega. Né si providde chi avesse a essere capitano generale dello esercito e della guerra, perché la brevità del tempo non patí che si disputasse in sulle spalle di chi, per l'autorità e qualità sua, e per essere confidente di tutti, fusse bene collocato tanto peso, non essendo massime facile trovare persona in chi concorressino tante condizioni.
      Stipulata la lega, il re, il quale non aveva ancora in fatto rimosso l'animo dalle pratiche col viceré di Napoli, differí di ratificarla e di dare principio alla espedizione delle genti d'arme e de' quarantamila ducati per il primo mese, insino a tanto venisse la ratificazione del pontefice e de' viniziani; la quale dilazione benché turbasse la mente loro, nondimeno, strignendoli a andare innanzi le medesime necessità, fatta la ratificazione, deliberorno di cominciare subitamente, sotto titolo di volere soccorrere il castello di Milano, la rottura della guerra.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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