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      Ma essendo incognita di fuori la venuta del duca di Borbone, la deliberazione dello andare innanzi con l'esercito fu pervertita dal duca di Urbino, o per avvisi ricevuti, secondo si credette, da Milano o per relazione di qualche esploratore. Mutata la diffidenza avuta insino a quel dí [in speranza] non minore, affermò al luogotenente del pontefice, presente il proveditore veneto, tenere per certo che il dí seguente sarebbe felicissimo; perché se gli inimici uscivano a combattere (il che non credeva dovessino fare) indubitatamente sarebbono vinti, ma non uscendo, che certamente, o il dí medesimo abbandonerebbono Milano ritirandosi in Pavia o almanco, abbandonata la difesa de' borghi, si ridurrebbono nella città; la quale, perduti i borghi, non potrebbono totalmente difendere: e ciascuna di queste tre cose bastare a conseguire la vittoria della guerra. Però il dí seguente, che fu il settimo di luglio, lasciato lo alloggiamento disegnato il dí dinanzi, con speranza di guadagnare i borghi senza contrasto, e aspirando alla gloria d'avergli presi camminando d'assalto, spinse qualche banda di scoppiettieri a porta Romana e a porta Tosa; dove, non ostante gli avvisi avuti i dí precedenti e il dí medesimo del volersi partire, gli spagnuoli si erano fermi in quella parte de' borghi, non per fare quivi, secondo si disse, continua resistenza ma per ritirarsi in Milano piú presto come uomini militari, e con avere mostrato il volto agli inimici, che volere che e' trovassino i borghi vilmente abbandonati.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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