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      Aveva anche scritto uno breve a Lautrech, [ringraziandolo] dell'opere fatte per la sua liberazione e dell'averlo confortato a liberarsi in qualunque modo; le quali opere erano state di tanto momento a costrignere gli imperiali a determinarsi che non meno si pretendeva obligato al re e a lui che se fusse stato liberato con l'armi loro, i progressi delle quali arebbe volentieri aspettato se la necessità non l'avesse indotto, perché continuamente gli erano mutate in peggio le condizioni proposte, e perché apertamente aveva compreso non potere se non per mezzo della concordia conseguire la sua liberazione; la quale quanto piú si differiva tanto procedeva in maggiore precipizio la autorità e lo stato della Chiesa: ma sopra tutto averlo mosso la speranza d'avere a essere instrumento opportuno a trattare col suo re e con gli altri príncipi cristiani il bene comune. Queste furono da principio le sue parole, sincere e semplici come pareva convenire allo officio pontificale, e di uno pontefice specialmente che avesse avuto da Dio sí gravi e sí aspre ammonizioni: nondimeno, ritenendo la sua natura solita, né avendo per la carcere deposte né le sue astuzie né le sue cupidità, arrivati che furono a lui (già cominciato l'anno mille cinquecento ventotto) gli uomini mandati da Lautrech e Gregorio da Casale oratore del re di Inghilterra, a ricercarlo che si confederasse con gli altri, cominciò a dare varie risposte: ora dando speranza ora scusandosi che, non avendo né danari né gente né autorità, sarebbe a loro inutile il suo dichiararsi, e nondimeno a sé potrebbe essere nocivo perché darebbe causa agli imperiali di offenderlo in molti luoghi, ora accennando di volere sodisfare a questa dimanda se Lautrech venisse innanzi: cosa molto desiderata da lui perché i tedeschi avessino necessità di partirsi di Roma; i quali, consumando le reliquie di quella misera città e di tutto il paese circostante, e deposta totalmente la obbedienza de' capitani, tumultuando spesso tra loro, ricusavano di partirsi, dimandando nuovi denari e pagamenti.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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