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      La quale sua volontà e la cagione essendo conosciuta dal re cristianissimo, dopo avere trattato insieme di assaltare, in luogo della guerra di Fiandra, con armate marittime le marine della Spagna, affermando il re di Francia avere intelligenza in quelle parti. Le quali cose partorirono finalmente che il re d'Inghilterra, avendo mandato in Francia il vescovo batoniense per persuadere a lasciare le imprese di là da' monti e a crescere le forze e la guerra d'Italia, per consigli e conforti suoi si [convenne] che, per tempo di otto mesi prossimi, si levassino le offese tra il re di Francia il re di Inghilterra e il paese di Fiandra, con gli altri stati circostanti sottoposti a Cesare: alla quale [tregua] perché il re di Francia condiscendesse piú facilmente si obligò il re di Inghilterra a pagare, ogni mese, trentamila ducati per la guerra di Italia, per la quale era finita la contribuzione promessa prima per sei mesi.
      Ma cosí come continuamente si accrescevano le preparazioni alla guerra si accendevano molto piú gli odii tra i príncipi, pigliando qualunque occasione di ingiuriarsi e di contendere, non meno con l'animo e con la emulazione che con l'armi. Perché avendo Cesare, circa due anni innanzi, in Granata, in tempo che similmente si trattava la pace tra il re di Francia e lui, detto al presidente di Granopoli oratore del re di Francia certe parole le quali inferivano che, volentieri, acciò che delle differenze loro non avessino a patire piú i popoli cristiani e tante persone innocenti, le diffinirebbe seco con battaglia singolare, e dipoi replicate all'araldo, quando ultimatamente gli aveva intimata la guerra, le parole medesime, aggiugnendogli di piú, il suo re essersi portato bruttamente a mancargli della fede data, il re di Francia, avendo intese queste parole, e parendogli di non potere senza sua ignominia passarle con silenzio, ancora che la richiesta di Cesare fusse richiesta forse piú degna tra cavalieri che tra tali príncipi, convocati il vigesimo settimo dí di marzo in una grandissima sala del palazzo suo (credo di Parigi) tutti i príncipi tutti gli imbasciadori e tutta la corte, nella quale presentatosi dipoi lui con grandissima pompa di vestimenti ricchissimi e di molto ornata compagnia, e postosi a sedere nella sedia regale, fece chiamare l'oratore di Cesare il quale, perché si era determinato che, condotto a Baiona, fusse liberato nel tempo medesimo che fussino liberati gli imbasciadori de' confederati, i quali per questo si conducevano a Baiona, dimandava di espedirsi da lui.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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