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      In questo stato delle cose conceperono gl'imperiali speranza di rompere Filippino Doria, che era con le galee nel golfo di Salerno; non facendo tanto fondamento in su il numero e in su la bontà de' legni loro quanto nella virtú de' combattitori, perché empierono sei galee quattro fuste e due brigantini di mille archibusieri spagnuoli, de' piú valorosi e de' piú lodati dello esercito; co' quali vi entrorono don Ugo viceré e quasi tutti i capitani e uomini d'autorità. A questa armata, governata per consiglio del Gobbo, nelle cose marittime veterano e famoso capitano, aggiunseno molte barche di pescatori, per spaventare gli inimici da lontano col prospetto di maggiore numero di legni; i quali, partiti tutti da Pausilipo, toccorono all'isola di Capri; dove don Ugo, con grandissimo pregiudizio di questo assalto, perdé tempo a udire uno romito spagnuolo, che concionando accendeva gli animi loro a combattere come era degno della gloria acquistata con tante vittorie da quella nazione. Di quivi, lasciato a mano sinistra il Cavo della Minerva, entrati in alto mare, mandorno innanzi due galee, con commissione che accostatesi agli inimici simulassino poi di fuggire, per tirargli in alto mare a
      combattere. Ma Filippino Doria, avendo il dí dinanzi per esploratori fidati presentito il consiglio degli inimici, aveva, con grandissima celerità, ricercato Lautrech che gli mandasse subito trecento archibusieri; i quali, guidati da Croch, erano arrivati poco innanzi che si scoprisse l'armata degli inimici.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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