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      Ma il quintodecimo dí di luglio le galee viniziane, eccetto quelle che erano intorno a Gaeta, ritornorono in Calavria per provedersi di biscotti; e però, essendo restato il porto aperto, entrorono in Napoli molte fregate con vettovaglie di ogni sorte, da vino in fuora, cosa molto opportuna perché in Napoli non era grano per tutto luglio. Ma nell'esercito, nel quale era anche passata la peste per contagione di genti uscite di Napoli, moltiplicavano grandemente le solite infermità. Valdemonte era vicino alla morte, e ammalato Lautrech: per la infermità del quale disordinandosi le cose, gl'imperiali, i quali correvano senza ostacolo per tutte le strade, tolseno le vettovaglie che venivano allo esercito che ne aveva strettezza. E nondimeno non si soldavano nuovi cavalli leggieri, anzi Valerio Orsino, condottiere de' viniziani, con cento cavalli leggieri si partí dello esercito per non essere pagato, e gli altri cavalli leggieri parte si erano partiti per non essere pagati parte per le infermità erano inutili; la gente d'arme franzese si era ridotta in guarnigione alle terre circostanti, e i guasconi sparsi per il paese attendevano a fare le ricolte e guadagnare. Speravasi pure ne fanti, i quali si diceva condurre l'armata: la quale, soprastata piú di venti dí da poi che si era partita da Livorno, arrivò finalmente il decimo ottavo dí di luglio con molti gentiluomini e con denari per lo esercito; ma non aveva se non ottocento fanti, perché gli altri che portava erano restati parte per la guardia di Genova parte alla impresa della fortezza di [Civitavecchia]. Alla venuta della quale avendo Lautrech mandato gente alla marina per ricevere i denari, non potetteno le galee per il mare grosso venire a terra; però vi ritornò, il dí seguente, il marchese di Saluzzo con le sue lance e con grossa banda di guasconi svizzeri e tedeschi e con le bande nere, ma nel ritorno loro incontrorono gl'imperiali che erano usciti grossi di Napoli, i quali caricorono in modo i cavalli franzesi, che voltorno le spalle e nel fuggirsi urtorono talmente i fanti loro medesimi che gli disordinorono; e trovandosi il conte Ugo de' Peppoli, che dopo la morte di Orazio Baglione era succeduto nel governo delle genti de' fiorentini, a piede con quaranta archibusieri, innanzi alla battaglia delle bande nere uno tiro di archibuso, restò prigione de' cavalli: e fu tale lo impeto degl'imperiali che se la battaglia delle bande nere non gli riteneva facevano grande strage; perché combatterono, massime la cavalleria loro, egregiamente.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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