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      Era morto in campo Candela, lasciato in su la fede; era malato il Navarra, Valdemonte, Paolo Cammillo da Triulzi, il maestro del campo nuovo e vecchio, M. Ambrogio da Firenze; Lautrech era ricaduto; ammalati tutti gli oratori, tutti i segretari e tutti gli uomini di conto, da Saluzzo e il conte Guido in fuora; né si trovava in tutto il campo quasi una persona sana. Morivano i fanti di fame, ed essendo mancate quasi tutte le cisterne vi si pativa anche di acqua; gli imperiali padroni di tutta la campagna; né poteva fare altro l'esercito che starsi nel suo forte a buona guardia, aspettando il soccorso, che non poteva esservi fra quindici dí: e la negligenza anche accresceva i disordini. Roppeno poi gli spagnuoli l'acqua di Poggioreale, e benché si rassettasse non si usava senza grave pericolo. Aspettava Lautrech fra due dí il duca di Somma con mille cinquecento fanti, e presto i cavalli e fanti dello abate di Farfa; il quale Lautrech, poi che aveva rotto il vescovo Colonna, aveva mandato a chiamare. E a' sei si era avuta per accordo la fortezza di Castello a mare, importante per poter ridurre le galee in quel porto; e si disegnava pigliare quella di Baia. Ritornorono le galee de' viniziani malissimo armate, e sí male proviste di vettovaglie che bisognava che per guadagnare da vivere, lasciata la cura del guardare il porto di Napoli, scorressino per le marine circostanti. Agli otto gli spagnuoli, tornati a Somma, di nuovo la spogliorono; e preseno ogni resto di cavalli che vi aveva il conte Guido in guarnigione: e spesso in campo non era da mangiare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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