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      Dove avendolo seguitato gl'imperiali, non potendo difendersi, mandato fuori il conte Guido Rangone a parlare col principe di Oranges, capitolò per mezzo suo con lui: di lasciare Aversa con la fortezza, artiglierie e munizioni; restasse lui e gli altri capitani prigioni, dal conte Guido in fuora, al quale, in premio della concordia o per altra causa, fu consentita la libertà; facesse il marchese ogni opera che i franzesi e i viniziani restituissino tutto il regno; i soldati e quegli che per lo accordo restavano liberi lasciassino le bandiere l'armi i cavalli e le robe, concedendo però a quegli di piú qualità ronzini muli e cortialti; i soldati italiani non servissino per sei mesi contro a Cesare. Cosí restò tutta la gente rotta, e tutti i capitani o morti o presi nella fuga, o nello accordo restati prigioni. Aversa fu saccheggiata dallo esercito imperiale, che si ritirò poi a Napoli, dimandando otto paghe; Renzo che il dí seguente si era appressato a Capua, il principe di Melfi, lo abate di Farfa, inteso il caso, se ne andorono in Abruzzi: il quale paese solo e qualche terra di Puglia e di Calavria si tenevano in nome de' confederati.
      Questo fine ebbe la impresa del regno di Napoli, disordinata per molte cagioni ma condotta all'ultimo precipizio per due cagioni principalmente: l'una, per le infermità causate in grande parte dallo avere tagliato gli acquidotti di Poggioreale per tôrre a Napoli la facoltà del macinare, perché l'acqua sparsa per il piano, non avendo esito, corroppe l'aria, donde i franzesi intemperanti e impazienti del caldo si ammalorono (aggiunsesi la peste, la contagione della quale penetrò per alcuni infetti di peste mandati studiosamente da Napoli nello esercito); l'altra, che Lautrech, il quale aveva menati di Francia la maggiore parte de' capi esperimentati nelle guerre, sperando piú che non era conveniente, né si ricordando essergli stato di poco onore l'avere, quando era alla difesa dello stato di Milano, scritto al suo re che impedirebbe agli inimici il passo del fiume dell'Adda, aveva in questo assedio scrittogli molte volte che piglierebbe Napoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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