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      Ma inteso che la notte vi era entrato Melfi, con genti mandate da Renzo, ritirò l'artiglieria; e finalmente, essendo la fine di maggio, ne levò il campo.
      Seguitorono, e mentre stava il campo a Monopoli e dopo la ritirata, varie fazioni e movimenti; perché e quegli di Barletta facevano prede e danni grandissimi e i fanti che erano nel monte di Santo Angelo, de' quali era capo Federico Caraffa, presono San Severo e, soccorsa la terra di Vico, costrinsono gli imperiali a levarne il campo. Andò poi il Caraffa per mare con ventisei vele a Lanciano, dove erano alloggiati cento sessanta uomini d'arme; ed entratovi per forza ne menò trecento cavalli da fazione e molta preda, non vi lasciato alcuno presidio. Facevano anche molti fuorusciti danni grandissimi in Basilicata. Per le quali difficoltà si impediva molto agli imperiali l'esigere le imposizioni: né è dubbio, che se il re di Francia avesse mandato danari e qualche soccorso, che sariano per tutto il regno succeduti nuovi travagli, per i quali sarebbe stato almeno implicato l'esercito cesareo alla difesa delle cose proprie. Ma non potevano finalmente genti tumultuarie e collettizie, e senza soccorso o rinfrescamento alcuno (perché soli i fiorentini davano a Renzo qualche sussidio), fare cose di momento grande (anzi il duca di Ferrara denegò a Renzo di mandargli per mare quattro pezzi di artiglierie); perché in Barletta cominciava a mancare frumento e danari; e circa secento rebelli assediati dal viceré della provincia in Monte Lione, necessitati ad arrendersi per non avere né munizioni né vettovaglie, furno condotti prigioni a Napoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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