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      Negò quel senato volere fare nuova confederazione o ampliare le obligazioni che in quella si contenevano, con grave sdegno di Cesare, non ostante che affermassino volere osservare inviolabilmente questa congiunzione. E nondimeno Cesare instette tanto piú col papa, ribattendo le ragioni che per la parte sua si allegavano in contrario, in modo che si entrò nel praticare gli articoli della confederazione, e si chiamorono tutti i potentati di Italia che mandassino imbasciadori a questa pratica; i quali furno ricercati che entrassino nella confederazione, contribuendo al caso della guerra secondo le forze e possibilità loro. A che non essendo fatta per alcuno difficoltà, ma solamente sforzandosi ciascuno dí alleggerire quello che gli era dimandato di contribuzione, solo Alfonso da Esti propose non potere entrare in lega per difendere gli stati di altri se prima non fusse assicurato del suo: perché, come essere conveniente che avesse a guardarsi dal pontefice e entrare in lega con lui? come potere contribuire co' suoi denari alla difesa di Milano o di Genova se era necessitato spendergli continuamente per tenere gente in Modena e in Reggio, e anche per essere sicuro di Ferrara? Da questa dimanda nacque nuova pratica di concordarlo col papa. Il quale, avendone l'animo alienissimo, né volendo cosí apertamente resistere alla instanza di Cesare, proponeva condizioni inesplicabili; perché, quando pure avesse a lasciare Modena e Reggio ad Alfonso (che altrimenti non era per convenire) voleva le riconoscesse in feudo dalla sedia apostolica: il che non si potendo fare, in modo che fusse giuridicamente valido, senza consenso degli elettori e príncipi dello imperio, metteva Cesare in una difficoltà che non aveva esito.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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