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      El dí sequente messer Iacopo, che si era fuggito, non sendo ancora fuora del territorio nostro fu preso ed esaminato fu impiccato. Confessò che poi si era fatta la legge sopra le eredità, aveva sempre avuto in animo farne simile vendetta; dicono ancora disse che oltre agli altri favori e fondamenti in su' quali aveva preso animo ed appoggiatosi, era stata la buona sorte di Franceschino, in che molto si confidava, e gli fu risposto per messer Bongianni Gianfigliazzi, che era degli esaminatori, che doveva piú sbigottirsi per la sorte ottima di Lorenzo. Renato fu etiam impiccato el dí medesimo. Costui prevedendo molto innanzi quale fussi la intenzione di messer Iacopo e degli altri contro a Lorenzo, gli aveva confortati avessino pazienzia e lasciassino fare al tempo, perché Lorenzo nelle mercatantie era in tanto disordine che in pochi anni bisognava fallissi, e perduto le ricchezze ed el credito era perduto lo stato, dicendo: «diangli a cambio e' danari vuole, perché questi, benché con qualche nostra perdita, lo aiuteranno fallire piú presto». Finalmente non giovando le sue parole, e presentendo per conietture, perché da lui si guardavano, quello ordinassino di fare, era, per non vi si trovare, itosene in villa, fu preso quivi e impiccato. Nocegli lo essere tenuto savio ed avere credito e benivolenzia nel popolo, perché però parve utile a chi aveva lo stato levarselo dinanzi.
      Giovan Batista da Montesecco fu tenuto parecchi giorni preso; esaminato diligentemente, confessò essere venuto a Firenze per comandamento del conte suo padrone ed avere preso el carico di amazzare Lorenzo; e nondimeno quando si prese lo ordine per in Santa Liperata, essergli venuto orrore rispetto al luogo, e ricusato farlo di che nacque la salute di Lorenzo, perché se lui pigliava la cura, sendo uomo valente animoso ed esercitato lo amazzava, fugli tagliato el capo.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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