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      Furono in Lorenzo molte e preclarissime virtú; furono ancora in lui alcuni vizi, parte naturali, parte necessari. Fu in lui tanta autorità, che si può dire la città non fussi a suo tempo libera, benché abondantissima di tutte quelle glorie e felicità che possono essere in una città, libera in nome, in fatto ed in verità tiranneggiata da uno suo cittadino; le cose fatte da lui, benché in qualche parte si possino biasimare, furono nondimeno grandissime, e tanto grande che recano piú ammirazione assai a considerarle che a udirle, perché mancano, non per difetto suo ma della età e consuetudine de' tempi, di quegli strepiti di arme e di quella arte e disciplina militare che recono tanta fama negli antichi. Non si leggerà in lui una difesa bella di una città, non una espugnazione notabile di uno luogo forte, non uno stratagema in uno conflitto ed una vittoria degli inimici; e però non risplendono le cose sue di quegli fulgori delle arme; ma bene si troverrà in lui tutti quegli segni ed indizi di virtú, che si possono considerare ed apparire in una vita civile. Nessuno eziandio degli avversari e di quegli che l'hanno obtrettato, negano che in lui non fussi uno ingegno grandissimo e singulare; e ne fa tanto fede l'avere ventitré anni governata la città e sempre con augumento della potenzia e gloria sua, che sarebbe pazzo chi lo negassi, massime sendo questa una città liberissima nel parlare, piena di ingegni sottilissimi ed inquietissimi, ed uno imperio piccolo da non potere cogli utili pascere tutti e' cittadini, ma sendo necessario che, contentatane una piccola parte, gli altri ne fussino esclusi.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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