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      A Firenze erano le cose condizionate e disposte male, e lo stato di Piero molto indebolito; ed el popolo vedendosi tirata adosso una guerra potentissima e da non potere reggere, sanza bisogno e necessità alcuna, anzi per favorire e' ragonesi che erano universalmente in odio, contro a' franzesi amati assaí nella città, sparlava publicamente di Piero, massime sapendo essere state deliberazione sua contro la volontà de' primi cittadini dello stato. Aggiugnevasi in genere tutte quelle cagione che fanno e' popoli inimici de' grandi, el desiderio naturale di mutare le cose, la invidia ed el carico di chi aveva maneggiato, inoltre tutti coloro che erano inimici e tenuti sotto dallo stato, risentitisi e venuti in speranza che la città tornassi alla libertà antica, e loro avessino a essere nel grado giudicavano meritare, facevano piú pericolosa questa male disposizione. Concorrevaci che e' governi di Piero in sé, e la natura sua era di qualità, che non solo era in odio agli inimici, ma ancora dispiaceva agli amici, e quasi non la potevano sopportare; lui uomo altiero e bestiale e di natura da volere piú tosto essere temuto che amato, fiero e crudele, che a' suoi dí aveva di notte dato delle ferite e trovatosi alla morte di qualche uomo; sanza quella gravità che si richiedeva a chi fussi in tale governo, conciosiaché in tanti pericoli della città e suoi propri stava tutto dí nelle vie publicamente a giocare alla palla grossa; di natura caparbio, e che non si intendendo delle cose, o voleva governarle secondo el cervello suo, credendo solo a se medesimo, o se prestava fede e si consigliava intrinsecamente con persona, non erano quegli cittadini che avevano esperienzia delle cose della città, e governatola lungo tempo, ed erano tenuti savi, ed avevano interesse nel bene e nel male publico, e naturalmente erano amici di lui, del padre e della casa sua, ma con ser Piero da Bibbiena, con messer Agnolo Niccolini e simili uomini ambiziosi e cattivi, e che lo consigliavano in tutte le cose secondo che ciecamente erano traportati dalla ambizione e le altre cupidità, e per compiacerlo ed essergli piú cari, lo indirizzavano el piú delle volte per quella via per la quale lo vedevano inclinato e vòlto.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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