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      La quale cosa sendogli detto si farebbe, se ne venne a Signa, e quivi alloggiato in casa Batista Pandolfini, stette molti dí aspettando la terra si posassi bene, e cosí ordinando drappi e veste per cavalli ed uomini sua, per fare una ricca e magnifica entrata nella città; e nondimeno avendo quasi levato el disegno del sacheggiare la città, e vòlto l'animo a trarne piú somma di danari potessi, mandò per Piero de' Medici, stimando che lui per rientrare nella città avessi a fargli partiti grandissimi, o almeno essere un bastone da fare alzare e' cittadini per schifarlo. Era Piero, quando uscí di Firenze, fuggito a Bologna, e di quivi andato a Vinegia, dove avendo avuto questa richiesta del re, desideroso da un canto di andare, da altro dubitando che el re per danari non lo rivendessi a' fiorentini, ne prese consiglio con viniziani, e' quali gli augumentorono questo sospetto e lo persuasono non andassi, mossi non per credere che cosí fussi lo utile di Piero, ma perché dubitorno che questo non avessi a essere instrumento al re Carlo di disporre di Firenze a suo modo e di farsene signore; la qual cosa, nonostante lo odio ci portano, sarebbe loro dispiaciuta, perché el re non pigliassi tante forze in Italia, che loro e gli altri avessino a stare seco. Sendo soprastato el re a Signa molti dí, dove continuamente e per tutta la via prima aveva la città mandato molti imbasciadori a onorarlo, entrò in Firenze in domenica a dí... di [nov]embre.
      La quale entrata fu sí magnifica ed onorevole e bella cosa, come alcuna altra sia stata in Firenze è già gran tempo.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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