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      Le quali cose non si punivano perché cosí è usanza delle città divise, nelle quali e' cittadini non pongono mente a ogni cosa, sendo occupati nel contendere, ed inoltre chi ha disfavore da una parte, ha favore dall'altra e perché parendo a ognuno che questo stato e la città non fussi di uno né di pochi, ma di molti, non era nessuno che le brighe ed inimicizie publiche volessi fare sue, di che multiplicando ogni dí questa licenzia, parve a Niccolò Ridolfi Lorenzo Tornabuoni, Giannozzo di Antonio Pucci ed altri che desideravano la tornata di Piero, che Piero avessi buona parte della città, e pigliandone coniettura dal sparlare publicamente che si faceva e da vedere molti cittadini molto male contenti, cominciorono a tenere pratica con lui. Di che avendo egli preso animo, ed avendo intenzione dalla lega d'avere a essere favorito per spiccare dalla amicizia di Francia la città, mandò a Firenze, per disporre meglio la materia. maestro Mariano da Ghinazzano, generale dello ordine di Santo Agostino, el quale altre volte a tempo di Lorenzo aveva predicato nella città con grandissimo concorso. El quale venuto a predicare sotto ombra di opporsi alle cose di fra Girolamo, accennava in pergamo destramente che la città si accordassi colla lega, e di poi privatamente teneva pratica cogli amici di Piero. E benché questa venuta sua, e di poi el praticare quegli cittadini con lui mentre stette in Firenze, dessino quasi publicamente sospetto di quello che egli trattassi, nondimeno le divisioni della città non lasciavono farne esamina né punizione.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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