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      Furono di poi deputati circa a venti cittadini alla esamina di fra Ieronimo e de' compagni, tutti e' piú fieri degli inimici sua, e finalmente avendogli dato, sanza licenzia però del papa, qualche tratto di fune, doppo spazio di piú dí ordinato uno processo, publicorono in consiglio grande quello dicevano averne ritratto, soscritto da e' vicari di Firenze e di Fiesole e da alcuni de' primi frati di San Marco, e' quali sendo presenti, era stato letto a fra Girolamo detto processo, e dimandato se era vero, lui affermò dicendo che quello che era scritto era vero. La somma delle conclusioni piú importanti fu in questo effetto: che le cose aveva predette non le avere da Dio né per revelazione o mezzo alcuno divino, ma essere stata sua invenzione propria sanza participazione o saputa di alcuno seculare o frate, averlo fatto per superbia ed ambizione, ed essere stato lo intento suo di fare convocare uno concilio da e' principi cristiani, dove si deponessi el pontefice e si reformassi la Chiesa, e che se fussi suto fatto papa l'arebbe accettato; nondimeno che aveva molto piú caro che una tanta opera si conducessi per le mani sue che essere papa, perché papa può essere ogni uomo, eziandio da poco, ma capo ed autore di simile opera non può essere se non eccellentissimo; avere disegnato da se medesimo che, per fermezza del governo della città, si creassi uno gonfaloniere di giustizia a vita o per uno tempo lungo, e che gli pareva a proposito piú che alcuno altro Francesco Valori, ma gli dispiaceva la sua natura e modi strani; e doppo lui Giovan Batista Ridolfi, ma gli dava noia el troppo parentado che lui aveva; non avere messo innanzi lo esperimento del fuoco, ma essere stato fra Domenico sanza sua volontà, e lui averlo acconsentito per non potere con suo onore contradirlo, ed anche sperando che e' frati di San Francesco spaventati avessino a tirarsene indrieto; e quando pure si venissi allo atto, confidandosi che el corpo di Cristo portato in mano dal suo frate lo salverebbe.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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