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      E' fiorentini avevano dua pensieri: l'uno cacciare e' viniziani di Casentino, l'altro riavere Pisa; e perché l'uno e l'altro, massime el primo, non si potevono fare sanza favore del duca, erano da un canto sforzati procedere con lui, da altro temendo assai la potenzia del re ed anche avendo speranza da lui, se si accordassino seco della restituzione di Pisa, stavano da principio ambigui, ma poi per conforto del duca si risolvevano allo accordo.
      El re Federigo trovandosi nello stato molto debole e quasi sanza forza, con tutto che avessi a participare del male, pure perché el pericolo di Milano era primo, o per non potere o per non sapere, non pareva si risentissi in queste cose come sarebbe stato el debito.
      El duca si trovava in pensieri grandissimi, conoscendo che la potenzia di Francia era di gran lunga superiore alla sua; e considerato non si potere valere della unione di Italia, per essere el papa certo con Francia ed e' viniziani dubii, teneva pratiche collo imperadore; inoltre riputando Paolo Vitelli uomo valentissimo per potersene valere ne' sua bisogni, desiderava da cuore che noi ci reintegrassimo col favore suo delle cose nostre, parendogli che quando questo fussi per opera e beneficio suo, che non solo conseguirebbe lo intento suo di Pagolo Vitelli, ma ancora arebbe a' sua bisogni tutte le forze della città nostra. Ed inoltre sapendo e' viniziani essere stracchi delle cose di Pisa e che volentieri se ne uscirebbono per via di accordo, e cosí sapendo quanto si tenessino offesi da lui e desiderando placargli acciò che per sdegno non si accordassino col re, cominciò, per fare loro beneficio a fare tenere pratica dal duca di Ferrara, come uomo di mezzo, di composizione tra e' viniziani e noi, confortando caldamente la città volere pigliare ogni accordo pel quale e' viniziani si uscissino di Casentino e di Pisa.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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