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      In questo tempo, sendo a ordine gli apparati della guerra, Pagolo Vitelli col nostro esercito si pose a campo a Pisa a dí... ed avendo piantate le artiglierie, cominciò a strignere la terra. e di poi el dí di san Lorenzo, non sendo ordine al dare la battaglia presono e' soldati suoi Stampace, ròcca forte di Pisa. Per la quale perdita in modo sbigottirono e' pisani che si cominciorono a ritirare indrieto, e messer Piero Gambacorti ed alcuni altri fuggirono a Lucca, in forma che se e' si seguitava la vittoria, Pisa era sanza dubio el dí nostra. E durò questa occasione, come dicono, bene otto o dieci ore, ma el capitano che non aveva ordinato el dí dare la battaglia, non credendo forse che e' nimici fussino in tanto terrore e disordine, fermò e' soldati sua; e però e' pisani rincorati feciono ripari da quella parte, in modo che per la via di Stampace non si potessi entrare nella terra. Erano intanto cominciate nel campo nostro, per la cattiva aria che vi suole essere in quegli tempi, certe febre pestilenziale, delle quale molti erano già amalati, e fra gli altri tutti a due e' commessari, che ne morí Piero Corsini, e furono mandati subito in luogo loro Francesco Gherardi e Paolantonio Soderini e' quali vi ammalorono in pochi dí, in forma che e' cittadini vi andavano male volentieri; pure vi fu mandato Luigi della Stufa e Pierantonio Bandini che subito ammalorono; e vi fu di poi mandato Piero Vespucci che ancora lui in ultimo ne tornò ammalato a Firenze.
      In questo mezzo el capitano aveva colle artiglierie gittato in terra tanto muro, che molti giudicavano che, dandosi la battaglia, Pisa si otterrebbe; e lui non lo negava, ma diceva sarebbe con molta uccisione degli uomini suoi, e però essere meglio differire el darla tre o quattro dí, perché sarebbe in terra tanto muro, che al certo con poco danno e pericolo de' soldati si vincerebbe, e però essere meglio pigliare el partito piú sicuro, massime che in sí piccola dilazione non poteva sopravenire nulla che piggiorassi le condizione nostre.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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