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      In modo che per queste ragione io tengo certissimo che Pagolo andassi dirittamente colla città, e desiderassi per lo interesse ed onore suo sopra ogni altra cosa la vittoria di Pisa.
      Il che è tanto piú credibile, quanto meglio si possono giustificare le calunnie dategli e che lo mettevano in sospetto: e prima, se preso Vicopisano e' non volle andare diritto a Cascina e di poi alla espugnazione di Pisa, anzi finí la state nello acquisto di Librafatta, di Torre di foce ed in fare bastioni ne fu cagione perché e' pareva impossibile, sendo in Pisa molti valenti uomini pisani e molti soldati de' viniziani, ed essendo aperta la via del soccorso, acquistarla se prima non si chiudevano e' luoghi donde potessi venire aiuto; la quale cosa fatta, giudicava che el vedersi stretti e sanza speranza di piú aiuto gli invilirebbe tanto che piú facilmente si condurrebbono, ed inoltre che per questo modo mancherebbono loro le cose necessarie, in modo che o colle arme o colla fame se n'arebbe onore. E che questa fussi ragione di savio ci hanno dimostro poi gli effetti, e' quali ci hanno mostro quanto sieno stata difficile le imprese fatte contro a' pisani, ancora soli ed abbandonati da ognuno.
      Se le cose del Casentino andorono piú adagio che non si sperava o desiderava, ne fu cagione lo essere nel cuore del verno ed in luoghi asprissimi, la emulazione fra lui ed el conte Rinuccio, che faceva gli effetti suoi ancora in Firenze, e' provedimenti che per la stracchezza della città e malo governo si facevano tardi e deboli.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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