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      Se lasciò andare Rinieri della Sassetta, non fu per dubio che e' rivelassi le pratiche sue col duca, le quali né l'uno né l'altro, quando fussino state, gli arebbe confidate, ma perché vedendolo andare a una morte e strazio manifesto, seguitò in questo la commune consuetudine de' soldati di Italia, che considerando a' casi che possono intervenire in sé, si riguardano l'uno l'altro. Se el dí di san Lorenzo, che si prese Stampace, non seguitò contro agli inimici, fu perché quella vittoria fu sanza ordine ed improvisa, ed in dí che non era deputato el dare la battaglia, in modo che lui non sapendo el disordine degli inimici, si stette come prima aveva disegnato; se e' differí poi el dare la battaglia, fu perché non considerando a' casi estraordinari delle malattie, giudicò Pisa essere in termini che conveniva si pigliassi, e però volle piú tosto differire tre o quattro dí per acquistarla con poco pericolo e facilmente, che averla piú presto con difficultà e danno grandissimo; se in ultimo e' non dette la battaglia, ne furono causa le malattie, delle quali lui non era indovino, né vi poteva riparare. Per le quali cose si può conchiudere e fermare la innocenzia sua, e nondimeno la opinione contraria era tanto radicata in quasi ognuno, che la sua morte fu gratissima, in modo che Giovacchino Guasconi, benché e' non fussi valente uomo, anzi, come di poi si scoperse, debole e da poco, ne acquistò grandissima riputazione ed autorità.
      Soportò la morte Paolo con animo grandissimo e come si apartiene a' valenti uomini, non vilmente querelandosi e dolendosi, non faccendo segno di sbigottirsi e perturbarsi di una morte violenta e sí vicina e sempre dicendo che per suo conto e' sua figliuoli né quegli di casa sua non potrebbono mai essere chiamati traditori.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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