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      Da altro canto Vitellozzo e gli Orsini, parlando a Campi separatamente cogli imbasciadori nostri che erano iti al duca Valentino, mostrorono con parole e gesti efficaci che Vitellozzo non pretendeva avere ricevuta ingiuria alcuna dalla città, ma da pochi cittadini, de' quali quando si pigliassi qualche onesto modo che vi fussi drento lo onore suo, sanza lesione però di chi l'aveva offeso, che e' vorrebbe essere buono figliuolo e servidore della città, e cosí gli Orsini perché e' conoscevano molto bene quanto questa amicizia potessi essere utile per l'una parte e per l'altra. Le quali offerte loro non furono accettate, perché la brigata non se ne fidava, e dubitavasi non l'avessino fatto per mettere qualche disunione e scandolo.
      Quel che si fussi la cagione di questa venuta, la fu di gran terrore a' cittadini savi per piú cagione: l'una per il sospetto che prese el popolo a torto che e' cittadini vi tenessino mano, el quale multiplicò molto nella mente degli uomini e con tanta infamia de' primi, che a casa Piero Soderini furono dipinti ceppi e forche; l'altra, perché la città si trovava male condizionata col re, ed in modo che non molti giorni innanzi, non si gli faccendo e' pagamenti che s'avevano a fare per virtú de' capitoli fatti a Milano secondo e' debiti tempi aveva molto svillaneggiato di parole Pierfrancesco Tosinghi nostro imbasciadore, insino a dirgli che non voleva che egli stessi in corte perché non vi voleva imbasciadori degli inimici suoi; e però dubitorono e' piú savi che questa mossa di Valentino non avessi origine da lui, che ci volessi battere con questo bastone.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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