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      E cosí levato in tutto el pensiero della forza, si continuava nello assedio, in che si intendeva essere ogni dí piú grandissime le angustie loro, perché vi era poca vettovaglia e quella era sí cara che, vendendosi lo staio piú di tre ducati, erano tanto pochi quegli che ne potevano comperare, che la moltitudine si trovava tutta in estremità grande e di già ne cominciava a morire di fame, e tutto dí crescendosi nelle necessità, si vedeva la loro ultima ruina propinqua, di che la piú parte, sendo superata la ostinazione dalla fame, era disposta a pigliare questo accordo ma mancava chi si facessi capo di questa voluntà e repugnassi a quegli che lo contradicevano, quando la fortuna che sa trovare tutti e' modi aperse la via a dare effetto a questa materia.
      Quando gli imbasciadori pisani andorono, come di sopra è detto a Piombino sotto spezie di praticare accordo, vi fu nel numero loro per conto de' contadini uno Filippo di Puccierello quale essendo uomo di seguito, e stato de' primi inimici che avessino e' fiorentini in Pisa, aveva cominciato a credere che in ultimo la vittoria sarebbe da e' fiorentini, e però che e' sarebbe bene farsi innanzi e acconciarsi con qualche condizione. Di che accortisi quegli cittadini pisani che erano ostinati, dubitando che lui alla ritornata di Pisa non facessi qualche movimento, gli persuasono rimanessi in Piombino e continuassi mediante quello signore, la pratica dello accordo. Dove sendo rimasto, vi stette insino a tanto che Pisa fussi chiusa da e' tre campi, e di poi non potendo ritornare in Pisa, né volendo stare piú in Piombino perché s'era accorto a che fine vi era suto lasciato, se ne andò a Lerici, e statovi qualche giorno, si risolvé volere entrare e di comporre questa cosa.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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