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      Egli si chinava su colui che geme e su colui che espìa. L'universo gli appariva una malattia immensa; sentiva la febbre dappertutto, dappertutto scorgeva la sofferenza e, senza cercare d'indovinare l'enigma, procurava di fasciare la ferita. Il formidabile spettacolo delle cose create sviluppava in lui la tenerezza; era solo occupato a trovare per se stesso e ad ispirare agli altri la maniera migliore di compatire e consolare. Ciò che esiste era, per quel buono e raro prete, un soggetto permanente di tristezza, ch'egli cercava di consolare.
      Vi sono uomini che lavorano a estrarre oro; egli lavorava all'estrazione della pietà e la miseria universale era la sua miniera. Il dolore onnipresente era soltanto e sempre un'occasione di bontà. «Amatevi gli uni cogli altri!» Questo comando gli pareva completo, egli non desiderava di più, e tutta la sua dottrina finiva lì. Un giorno, quel tale che si credeva «filosofo», il senatore già citato, disse al vescovo: «Ma osservate dunque lo spettacolo del mondo! Guerra di tutti contro tutti; chi è più forte è più intelligente. Perciò il vostro Amatevi gli uni cogli altri è una sciocchezza.» «Ebbene,» rispose monsignor Bienvenu, senza discutere; «se è una sciocchezza, l'anima deve rinchiudervisi, come la perla nell'ostrica.»
      Quindi, egli vi si rinchiudeva, ci viveva e se ne accontentava completamente, lasciando da parte le questioni prodigiose, che attirano e spaventano, le insondabili prospettive dell'astrazione e i precipizî della metafisica, tutte profondità che convergono, per l'apostolo a Dio, per l'ateo al nulla: il bene e il male, la guerra dell'essere contro l'essere, la coscienza dell'uomo, il sonnambulismo penoso dell'animale, la trasformazione attraverso la morte, la ricapitolazione d'esistenze che la tomba contiene, gli incomprensibili innesti degli amori successivi sull'io persistente, l'essenza, la sostanza, il Nilo e l'Ens, l'anima, la natura, la libertà, la necessità; problemi a picco, profondità sinistre, su cui si chinano i giganteschi arcangeli dell'animo umano; formidabili abissi che Lucrezio, Manù, san Paolo e Dante contemplano con quell'occhio sfolgorante che sembra, quando si affisa nell'infinito, farne scaturire stelle.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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