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      L'avevano visto arrivare dal viale Gassendi ed errare per le vie, nell'oscurità. Era un pessimo soggetto, dalla faccia terribile.
      «Davvero?» fece il vescovo.
      Quel consenso nell'interrogarla incoraggiò la signora Magloire, perché sembrò indicarle che il vescovo non fosse lontano dall'allarmarsi; quindi proseguì trionfante:
      «Proprio, monsignore: è così. Stanotte capiterà qualche disgrazia in città e tutti lo dicono; tanto più che il servizio di polizia è così mal fatto — (ripetizione utile). — Si vive in un paese di montagna e per le vie non c'è neppur l'ombra d'un lampione! Se si esce, ci si trova in un forno, proprio! Ed io vi dico, monsignore, e la signorina qui presente dice come me...»
      «Io,» interruppe la sorella «non dico niente. Quel che mio fratello fa è ben fatto.»
      La signora Magloire continuò, come se nessuna protesta ci fosse stata.
      «Noi diciamo che questa casa non è affatto sicura. Se monsignore lo permette, vado a dire a Paulin Musebois, il fabbro, che venga a rimettere i vecchi catenacci alla porta; sono lì ed è un momento. Vi ripeto, monsignore, che ci vogliono i catenacci non foss'altro per questa notte; perché dico che non v'è niente di più terribile d'una porta che può essere aperta dal difuori, dal primo passante che capita; senza contare che monsignore ha sempre l'abitudine di dire d'entrare e che del resto, anche nel cuore della notte, oh! mio Dio! non c'è bisogno di chiederne il permesso...»
      In quel momento fu bussato alla porta, piuttosto violentemente.
      «Entrate,» disse il vescovo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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