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      Tutto quello ch'era stato la sua vita si cancellò, perfino il suo nome; non fu nemmeno più Jean Valjean, ma il numero 24601. Che fu della sorella? E dei sette fanciulli? Ma di questo nessuno si occupa: si sa forse che avvenga del pugno di foglie cadute dall'alberetto segato al piede?
      È sempre la stessa storia. Quei poveri esseri viventi, quelle creature di Dio, ormai senza appoggio, senza guida né asilo, se ne andarono per il mondo e, chi sa? ciascuno per proprio conto, forse, sprofondando a poco a poco in quella fredda nebbia in cui scompaiono i destini solitarî, in quelle cupe tenebre in cui spariscono una dopo l'altra tante infelici teste durante il cammino del genere umano. Lasciarono il paese; il campanile di quello ch'era stato il loro villaggio, il confine di quello ch'era stato il loro campo li dimenticò; Jean Valjean stesso, dopo alcuni anni di carcere, li dimenticò. In quel cuore, al posto della ferita di prima, ci fu una cicatrice, e fu tutto; a malapena, nel tempo che trascorse a Tolone, udì parlare una volta di sua sorella. Credo che questo accadesse verso il quarto anno di prigionìa e non so per quale via gli giungesse quell'informazione. Qualcuno, che li aveva conosciuti al paese, aveva visto la sorella; dimorava a Parigi, in una povera via vicino a Saint-Sulpise, via Geindre, ed aveva seco solo uno dei figli, un bimbo, l'ultimo. Dov'erano gli altri sei? Forse non lo sapeva neppur lei. Si recava ogni mattina ad una stamperia in via dello Zoccolo, al numero 3, dov'era ripiegatrice e legatrice; e doveva trovarcisi per le sei del mattino, cioè assai prima dell'alba, d'inverno.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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