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      «Io, io, Gervasino! Rendetemi i miei quaranta soldi, per piacere! Levate il vostro piede, per piacere!»
      Poscia, irritato, divenne quasi minaccioso, sebbene tanto piccolo:
      «Dunque, lo levate questo piede? Levate dunque questo piede!»
      «To', sei ancora tu?» disse Valjean, e rizzandosi bruscamente in piedi, colla scarpa sempre posata sulla moneta d'argento, soggiunse: «Vuoi filare o no?»
      Il ragazzo lo guardò spaventato, poi cominciò a tremare da capo a piedi e, dopo pochi secondi di stupore, si diede a fuggire, correndo con tutte le sue forze, senza osar gettare un grido e voltarsi indietro. Pure, ad una certa distanza, l'impeto della corsa, mozzandogli il fiato, lo costrinse a fermarsi e Valjean, rimasto sopra pensiero, lo sentì singhiozzare. In pochi minuti, il fanciullo era scomparso.
      Il sole era tramontato. L'ombra cadeva intorno a Valjean che non aveva mangiato in tutto il giorno; probabilmente, aveva la febbre. Da quando il fanciullo era fuggito, era rimasto in piedi, senza mutare atteggiamento; il respiro gli sollevava il petto ad intervalli lunghi e disuguali: lo sguardo, fisso a dieci o dodici passi più in là, sembrava studiasse con profonda attenzione la forma d'un vecchio coccio di ceramica celeste, caduto fra l'erba. All'improvviso trasalì: cominciava a sentir il freddo della sera.
      Si calcò in fronte il berretto, cercò macchinalmente di chiudere e abbottonare il camiciotto, poi fece un passo e si chinò verso terra, per riprendere il bastone. In quel momento scorse la moneta da quaranta soldi, che il suo piede aveva quasi sepolta nel terreno e brillava fra i ciottoli.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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