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      » aveva appena finito di scorgersi com'era, a tal punto separato da se stesso, che gli sembrava di esser un fantasma e d'aver davanti a sé, in carne ed ossa, col bastone in mano, il camiciotto indosso e sulle spalle il sacco pieno di oggetti rubati, col viso risoluto e cupo e col pensiero pieno d'abominevoli progetti, il ripugnante galeotto Jean Valjean. Come già abbiamo notato, l'eccessivo dolore l'aveva reso in un certo modo visionario: quella fu quindi, per lui, come una visione. Vide per davvero quel Valjean, quella faccia sinistra, davanti a sé, stette quasi per chiedersi chi fosse quell'uomo e ne ebbe orrore.
      Il suo cervello si trovava in uno di quei momenti di agitazione, tuttavia spaventosamente calmi, in cui la fantasticheria è così profonda da assorbire la realtà e durante i quali non si vedono gli oggetti che ne circondano, mentre si vedono fuori di sé le immagini della mente. Si contemplò dunque, per modo di dire, a faccia a faccia; e nello stesso tempo, attraverso quell'allucinazione, vedeva in una misteriosa profondità una specie di luce, ch'egli scambiò dapprima per una torcia. Guardando con maggior attenzione quella luce che appariva alla sua coscienza, riconobbe in essa una forma umana: quella torcia era il vescovo.
      La sua coscienza osservò alternativamente quei due uomini davanti a sé, il vescovo e Jean Valjean. Non c'era voluto meno del primo per ammansire il secondo. Per uno di quegli effetti singolari proprî a codesta specie d'estasi, a mano a mano che la fantasticheria si prolungava, il vescovo ingrandiva ai suoi occhi, mentre Valjean s'impiccioliva e dileguava: ad un certo punto fu soltanto un'ombra; all'improvviso scomparve.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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