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      Listolier e Fameuil, impegnati in una discussione sui loro professori, spiegavano a Fantine la differenza fra Delvincourt e Blondeau.
      Blanchevelle pareva creato per portare sul braccio, la domenica, lo scialle ad un orlo di Favourite.
      Tholomyès chiudeva la marcia, dominando il gruppo. Era allegrissimo, ma si sentiva in lui il comando; v'era un po' di dittatura sotto la sua giovialità. Suo principale ornamento era un paio di calzoni di nanchina, attillatissimi, colle staffe di filo di rame intrecciato; in mano una grossa canna d'India del valore di duecento franchi ed in bocca, una strana cosa chiamata sigaro, supremo snob. Poiché nulla era sacro per lui, fumava.
      «Quel Tholomyès è meraviglioso,» dicevan gli altri, con venerazione. «Che calzoni! Che energia!»
      Quanto a Fantine, era la gioia in persona. I suoi splendidi denti avevan certo ricevuto da Dio la funzione di ridere. Teneva in mano, più volentieri che in testa, il suo cappellino di paglia dai lunghi nastri bianchi, ed i folti capelli biondi, pronti a ondeggiare e facili a slegarsi, tanto che bisognava riassettarli spesso, sembravano fatti per la fuga di Galatea sotto i salici. Le labbra rosee chiacchieravano in modo incantevole e gli angoli delle labbra rialzati voluttuosamente, come nelle antiche maschere d'Erigone, avevan l'aria d'incoraggiare le audacie; ma le lunghe ciglia piene d'ombra si chinavano con discrezione su quel capriccio del viso, come per imporre un alt. Tutto il suo abbigliamento pareva cantare ed ardere; portava un abito violetto di lana leggera, un paio di scarpette a coturno, grigio cangianti, con i nastri a X sulle finissime calze bianche traforate, e quella specie di spencer di mussola, invenzione marsigliese, il nome del quale, canezou, delle parole quinze août, quindici agosto, come vengono pronunciate nella Canebière, significa bel tempo, calore e luce.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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