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      I prati di Saint-Cloud olezzavano: l'aria mossa dalla Senna faceva ondeggiare vagamente le foglie, i rami fremevano al vento: le api saccheggiavano i gelsomini, uno sciame di farfalle sfiorava i papaveri, i trifogli e le avene selvatiche; nell'augusto parco del re di Francia vagavano numerosi gli uccelli. Le quattro gioconde coppie splendevano anch'esse, al sole, ai fiori e agli alberi, ed in quella comunità paradisiaca, mentre parlavano, cantavano, correvano e ballavano, dando la caccia alle farfalle, cogliendo convolvoli e bagnandosi le rosse calze a trafori nelle alte erbe, fresche, innocentemente pazzerelle, ricevevano baci, tutti, eccetto Fantine, chiusa nella sua vaga resistenza meditabonda e selvatica, e innamorata.
      «Hai sempre un'aria...» le diceva Favourite.
      Ecco le vere gioie. Questi passaggi di coppie felici sono un richiamo profondo alla vita e alla natura, fanno scaturire da ogni cosa la carezza e la luce. C'era una volta una fata, che fece i prati e gli alberi per gli innamorati; data da allora codesta eterna scuola marinata degli amanti, che ricomincia incessantemente e durerà finché vi saranno scolari e mare, da allora la popolarità della primavera presso i pensatori. Il patrizio e il rivenduglio, il duca e pari e l'ultimo baggeo, i cortigiani ed i cittadini, come si diceva un tempo, sono sudditi di quella fata. Si ride, ci si rincorre, v'è nell'aria una luce paradisiaca; quale trasfigurazione l'amore! Gli scrivani di notaio diventano dèi. E quelle deboli grida, quegli inseguimenti fra l'erba, quelle vite afferrate al volo, quei vezzeggiativi melodiosi, quelle adorazioni che esplodono nel modo di dire una sillaba, quelle ciliege strappate di bocca in bocca, non fiammeggiano come in un nimbo celeste?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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