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      Circondava d'una specie di fede cieca e profonda tutto quello che ha una funzione nello stato, dal primo ministro fino alla guardia campestre; copriva di sprezzo, d'avversione e ripugnava tutti coloro che una sol volta avessero oltrepassato la soglia del male; era assoluto e non ammetteva eccezioni. Da un canto diceva: «Il funzionario non può ingannarsi e il magistrato non ha mai torto,» dall'altro asseriva: «Costoro sono perduti irremissibilmente e non se ne può cavare nulla di buono.» Condivideva pienamente l'opinione di quelle menti estremiste che attribuiscono alla legge umana il potere di fare dei dannati o, se si preferisce, di constatare la loro esistenza, e che pongono uno Stige sul fondo della società. Era stoico, serio ed austero; triste sognatore, umile ed altero come i fanatici. Il suo sguardo era un vero succhiello: era freddo e bucava. La sua vita si riassumeva in queste due parole: vegliare e sorvegliare. Aveva introdotto la linea retta in quello che v'è di più tortuoso al mondo; aveva coscienza della propria utilità, la religione delle proprie funzioni ed era spia come si è prete. Disgraziato colui che cadeva nelle sue unghie! Avrebbe arrestato suo padre, se l'avesse visto evadere dalla galera, così come avrebbe denunciato sua madre, se l'avesse colta in contravvenzione alla vigilanza; e l'avrebbe fatto con quella specie di soddisfazione interiore che è data dalla virtù. Unite a questo una vita di privazioni, l'isolamento, l'abnegazione, la castità e mai una distrazione; era il dovere implacabile, la polizia compresa allo stesso modo con cui gli spartani comprendevano Sparta, una sentinella implacabile, una selvaggia onestà, uno spione marmoreo, Bruto nei panni di Vidocq.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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