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      «Occorrono proprio tante medicine?»
      «Oh, una quantità.»
      «Come la si prende?»
      «È una malattia che viene... così.»
      «E colpisce i bambini?»
      «Soprattutto i bambini.»
      «E si può morire?»
      «E come!» disse Margherita.
      Fantine uscì ed andò a rileggere ancor una volta la lettera dei Thénardier. Quando fu sera, scese e si diresse a via Parigi, dove si trovano gli alberghi.
      La mattina dopo, quando Margherita entrò nella camera di Fantine prima dell'alba (lavoravan sempre insieme, per accendere una sola candela in due), trovò Fantine seduta sul letto, pallida, gelida. Non s'era coricata; la cuffia le era caduta sulle ginocchia e la candela, rimasta accesa tutta la notte, era quasi completamente consumata.
      Margherita si fermò sulla soglia, impietrita da quell'enorme spreco ed esclamò:
      «Signore Iddio! La candela è tutta consumata! È successo qualche cosa!»
      Poi guardò Fantine, che volgeva verso di lei la testa senza capelli: dal giorno prima, pareva invecchiata di dieci anni.
      «Gesù!» fece Margherita. «Che avete, Fantine
      «Niente,» rispose Fantine. «Anzi... La mia bambina non morirà più di quell'orribile malattia, per mancanza di soccorsi: sono contenta.»
      E così dicendo, indicava alla vecchia zitella due napoleoni che luccicavano sul tavolo.
      «Ma è una ricchezza, Signore Gesù!» disse Margherita. «Come avete avuto questi luigi d'oro?»
      «Li ho avuti,» rispose Fantine.
      Nello stesso tempo, sorrise. La candela le illuminava il volto ed il sorriso sanguinoso: una saliva rossastra le insudiciava le estremità delle labbra e nella bocca appariva un buco nero.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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