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      I due denti erano stati strappati.
      Mandò i quaranta franchi a Montfermeil. Ma era stata soltanto una astuzia dei Thénardier per aver denaro: Cosette non era malata.
      Fantine gettò lo specchio fuori della finestra. Da molto tempo aveva lasciato la sua celletta del secondo piano per andar a stare in una soffitta sotto il tetto, chiusa da un saliscendi, una di quelle stamberghe in cui il soffitto è inclinato rispetto al pavimento e vi fa battere la testa. Poiché il povero non può andare in fondo alla sua stanza, né in fondo al suo destino, se non curvandosi sempre più. Non aveva più letto e le rimaneva soltanto un cencio al quale dava il nome di coperta, un materasso per terra ed una sedia senza la paglia; un piccolo rosaio che coltivava s'era disseccato in un angolo, dimenticato ormai, mentre in un altro angolo stava un recipiente per l'acqua, che d'inverno gelava lasciando ai vari livelli cerchi di ghiaccio. Come aveva perduto la vergogna, perdé la civetteria: ultimo sintomo. Usciva di casa colla cuffia sudicia e, mancanza di tempo, o indifferenza, non teneva più in ordine la biancheria; a mano a mano che il calcagno delle calze si logorava, le tirava sempre più dentro le scarpe, come si poteva scorgere da certe pieghe perpendicolari; rappezzava il corpetto, vecchio e logoro, con ritagli di cotone stampato che si stracciavano al minimo movimento. I creditori le facevano continue scenate senza tregua: li trovava per via, sulle scale. Passava le notti a piangere ed a pensare. Gli occhi lucidissimi, un dolore fisso nella spalla, nella parte alta della scapola sinistra, tossiva assai.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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