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      Ma quando vide quel sindaco, quel magistrato, asciugarsi tranquillamente il viso e dire: mettete in libertà questa donna, fu come annientato dallo stupore: gli mancarono ad un tempo pensiero e parola. Ogni possibile meraviglia era per lui oltrepassata. E restò muto.
      Né quella frase aveva colpito in modo meno strano Fantine, che alzò il braccio nudo e s'aggrappò alla valvola della stufa, come uno che vacilli. Si guardava intorno, e prese a parlare a bassa voce, come a se stessa.
      «In libertà! Lasciarmi andare! Non andare in prigione sei mesi! Chi ha detto questo? Non è possibile che l'abbia, detto: ho capito male. Non può esser stato questo mostro d'un sindaco. Siete stato voi, mio buon signor Javert, a dire di mettermi in libertà? Vedete? Quando v'avrò detto una cosa, mi lascerete andare: la causa di tutto è stato questo mostro d'un sindaco, questo cialtrone. Figuratevi, signor Javert, che m'ha scacciata, per colpa d'un mucchio di brutte pezzenti che fanno delle chiacchiere nel laboratorio! Non è un errore, licenziare una povera ragazza che fa onestamente il suo lavoro? Allora non ho più guadagnato abbastanza ed è venuto tutto il male. Prima riforma, che questi signori della polizia dovrebbero fare, è impedire agli appaltatori delle prigioni di far danno alla povera gente. Mi spiego: voi guadagnate dodici soldi colle camicie; se ribassa a nove soldi, non c'è più modo di vivere e bisogna diventare quel che si può. Io avevo la mia piccola Cosette e sono stata proprio costretta a diventare una donna cattiva.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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