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      Che può mai essere quel Champmathieu? Mi somiglia, dunque? È possibile? Quando penso che ieri ero così tranquillo e così lontano dal dubitare di qualunque cosa! Che facevo dunque, ieri, a questa stessa ora? Che cosa c'è in questo incidente? Come si risolverà? Che fare?»
      Ecco in quale procella si dibatteva. Il suo cervello aveva perduto la forza di ritener le idee, che passavano come onde, mentr'egli si prendeva la fronte fra le mani, per trattenerle.
      Da quel tumulto che sconvolgeva la sua volontà e la sua ragione e dal quale egli andava cercando di ricavar un'evidenza ed una risoluzione si sprigionava solo l'angoscia.
      La sua testa ardeva. Andò alla finestra e la spalancò: non v'erano stelle in cielo. Tornò a sedersi vicino alla tavola.
      Così trascorse la prima ora.
      Pure, a poco a poco, alcuni lineamenti vaghi incominciarono a formarsi e a fissarsi nella sua meditazione ed egli poté intravedere colla precisione della realtà, non già l'insieme della situazione, ma alcuni particolari. Incominciò col riconoscere che, per quanto straordinaria e critica fosse la sua situazione, egli ne era assolutamente padrone: ed il suo stupore ne fu accresciuto.
      Indipendentemente dallo scopo severo e religioso che le sue azioni si proponevano, tutto quello che aveva fatto fino a quel giorno non era altro che un buco, ch'egli scavava per seppellirvi il proprio nome. Quel che più aveva temuto, nelle ore in cui si era ripiegato su di sé, nelle notti d'insonnia, era che gli capitasse di sentir pronunciare quel nome; si diceva che sarebbe stata la fine di tutto, il giorno in cui quel nome fosse ricomparso, avrebbe fatto svanire intorno a lui la sua novella vita e fors'anche, chissà? dentro di lui, la sua novella anima.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Champmathieu