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      «Dopo qualche tempo, mi voltai indietro e vidi una gran folla che veniva dietro. Riconobbi tutti gli uomini che avevo visto nella città; avevano teste proprio strane. Sembrava che non s'affrettassero, eppure camminavano più svelti di me. Non facevan nessun rumore, camminando; in un momento quella folla mi raggiunse e mi circondò. I visi di quegli uomini erano color terra.
      «Allora il primo che avevo visto e interrogato, nell'entrare in città, mi disse: 'Dove andate? Non lo sapete, dunque, che siete morto da tanto tempo?'
      «Apersi la bocca per rispondere e m'accorsi che non v'era nessuno intorno a me.»
      Si svegliò, intirizzito. Un vento freddo mattutino faceva girare nei loro gangheri le impannate della finestra rimasta aperta. Il fuoco s'era spento e la candela stava per finire; era ancora notte fonda.
      S'alzò e andò verso la finestra. Non v'erano stelle in cielo.
      Dalla sua finestra si vedevano il cortile della casa e la via. Un rumore secco ed aspro che risuonò ad un tratto sul suolo gli fece abbassar gli occhi: e vide sotto di lui due stelle rosse, i raggi delle quali s'allungavano e s'accorciavano bizzarramente nell'ombra.
      Poiché il suo pensiero era ancora sommerso per metà nella nebbia dei sogni: «To'!» pensò. «Non sono più in cielo, ora: sono sulla terra.»
      Intanto quel turbamento si dissipò, un secondo rumore simile al primo finì di risvegliarlo e, guardando, riconobbe che le due stelle erano i fanali d'una carrozza. Dalla luce che essi spandevano, poté distinguerne la forma; era un tilbury, con un cavallino bianco.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886