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      Era finita! Vedeva riapparire e rivivere intorno a sé, con la evidenza della realtà, gli aspetti mostruosi del suo passato.
      Quella scena gli stava dinanzi come un abisso. Ne ebbe orrore, chiuse gli occhi ed esclamò nel più profondo dell'animo: no, mai!
      E per un giuoco tragico del destino, che faceva tremare tutte le sue idee e lo rendeva quasi pazzo, colui che vedeva era un altro se stesso; quell'uomo che veniva giudicato era da tutti chiamato Jean Valjean. Aveva sotto gli occhi, inaudita visione, una specie di rappresentazione del momento orribile della sua vita, recitato dal suo fantasma.
      Nulla mancava: era lo stesso apparato, la stessa ora notturna, quasi le stesse facce di giudici, di soldati e di spettatori. Soltanto, sopra il capo del presidente v'era un crocifisso, mancava ai tribunali del tempo della sua condanna. Quando l'avevan giudicato, Dio era assente.
      V'era una sedia dietro a lui; vi si lasciò cadere, atterrito dall'idea che potessero vederlo. Seduto, approfittò di una pila di cartoni sulla scrivania dei giudici per nascondere il volto a tutta la sala. Ora, poteva vedere senz'essere veduto; e a poco a poco si ricompose. Rientrò completamente nel senso reale, e giunse a quella fase di calma in cui è possibile ascoltare.
      Il signor Bamatabois era uno dei giurati.
      Cercò Javert, ma non lo vide, perché il banco dei testimoni gli veniva nascosto dalla tavola del cancelliere; eppoi, come abbiam detto, la sala era poco illuminata.
      Nel momento in cui era entrato, l'avvocato difensore andava terminando la sua arringa.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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