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      Cosa contrappone egli a questa folgorante unanimità? Nega, oh, pervicacia! Ma voi farete giustizia, signori giurati, eccetera, eccetera!» Mentre il pubblico ministero parlava, l'accusato stava ad ascoltarlo a bocca aperta, con una specie di stupore in cui entrava anche una certa ammirazione; evidentemente, era sorpreso che un uomo potesse parlare in quel modo. Di tanto in tanto, nei momenti più energici della requisitoria, quei momenti in cui l'eloquenza, non più contenuta, trabocca in un'ondata d'epiteti infamanti e avvolge l'accusato come un uragano, egli scuoteva lentamente il capo da destra a sinistra e da sinistra a destra, in quella specie di protesta triste e muta di cui s'accontentava fin dall'inizio del dibattimento. Due o tre volte gli spettatori che gli stavan più vicino, lo sentirono dire a bassa voce: «Ecco che cosa vuol dire, non aver chiamato il signor Baloup!» Il pubblico ministero fece notare alla giuria quell'atteggiamento ebete, evidentemente calcolato, che denotava scaltrezza: piuttosto che imbecillità, furberia, abitudine d'ingannare la giustizia, e che metteva in piena luce «la profonda perversità» di quell'uomo. Egli terminò, facendo le sue riserve sul processo Gervasino ed esigendo una severa punizione.
      Per il momento si trattava, come abbiam visto, dei lavori forzati a vita.
      Il difensore s'alzò. Incominciò col complimentare «il signor avvocato generale» per la «mirabile parola», poi replicò come poté; ma con poca energia. Evidentemente, il terreno gli sfuggiva sotto i piedi.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Baloup Gervasino