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      Padrone e padrona di casa era il marito; ella faceva, ma egli creava e dirigeva tutto, con una specie d'azione magnetica invisibile e continua. Gli bastava una parola e talvolta un cenno, perché il mastodonte ubbidisse. Thénardier era per lei, senza ch'ella riuscisse a rendersene conto esatto, una specie d'essere particolare e sovrano; ed ella aveva le virtù del suo stato di moglie. Foss'anche stata in disaccordo su qualche particolare col «signor Thénardier», ipotesi inammissibile, del resto, non avrebbe mai dato pubblicamente torto a suo marito su qualsivoglia cosa; né mai avrebbe commesso «davanti agli estranei» quella colpa che le mogli commetton tanto volentieri e che si chiama, nel linguaggio parlamentare, «scoprir la corona». Sebbene il loro accordo avesse per solo risultato il male, v'era nella sottomissione della Thénardier al marito una specie di contemplazione; quella montagna di rumore e di carne si muoveva sotto il mignolo di quel gracile despota. Era, sotto il suo punto di vista nano e grottesco, una manifestazione di un gran fatto universale: l'adorazione della materia per lo spirito. Poiché certe bruttezze hanno la loro ragion d'essere nelle stesse profondità dell'eterna bellezza; in Thénardier v'era l'ignoto e da ciò derivava l'impero assoluto di quell'uomo su quella donna. In certi momenti, ella lo vedeva come si vede una candela accesa; in certi altri, lo sentiva come si sente un artiglio.
      Quella donna era una creatura tremenda che amava solo i suo nati e temeva solo suo marito.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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