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      Madre, perché era un mammifero; la sua maternità si fermava alle figlie e, come si vedrà, non s'estendeva ai figli. Egli, aveva un solo pensiero: arricchirsi.
      Ma non vi riusciva. A quel gran talento mancava un degno teatro. A Montfermeil, Thénardier correva alla rovina, se pure è possibile allo zero rovinarsi, in Isvizzera o nei Pirenei, quello squattrinato si sarebbe fatto milionario. Ma l'albergatore è costretto a brucare là dove la sorte l'ha messo.
      Si capisce che la parola albergatore è qui impiegata in senso ristretto e non s'estende a tutta una classe.
      In quell'anno 1823, Thénardier era indebitato per circa millecinquecento franchi: debiti importuni, che lo rendevan pensieroso.
      Qualunque fosse nei suoi riguardi l'ingiustizia testarda del destino, Thénardier era uno degli uomini che meglio sapevano, con grande profondità e nel modo più moderno, praticare quello che è una virtù presso i popoli barbari e una mercanzia presso i civili: l'ospitalità. Era del resto un abilissimo cacciatore di frodo, reputato per la sua abilità nel tiro; ed aveva una risata fredda e tranquilla particolarmente pericolosaTalvolta le sue teorie d'albergatore sgorgavan da lui a sprazzi, con aforismi professionali che inculcava nella mente della moglie: «Il dovere dell'albergatore,» le diceva un giorno collerico e a bassa voce «è di vendere al primo venuto il cibo, il riposo, la luce, il fuoco, le lenzuola sporche, la donna di servizio, le pulci e il sorriso; è quello di fermare i viandanti, vuotare le piccole borse e alleggerire onestamente le grosse, dare rispettosamente asilo alle famiglie in viaggio e scorticare il marito, spennare la moglie e piluccare il bambino; far pagare la finestra aperta, la finestra chiusa, il cantuccio vicino al camino, la poltrona, la sedia collo schienale e quella senza, lo sgabello, il letto di piuma, il materasso e il fascio di paglia; sapere di quanto l'ombra consumi lo specchio e metterlo in conto e, per cinquecentomila diavoli, far pagare tutto al viaggiatore, anche le mosche mangiate dal suo cane!


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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