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      «Non hanno dato da bere al mio cavallo.»
      «Invece ha bevuto,» disse la Thénardier.
      «Vi dico di no, padrona,» ribattè il mercante.
      Cosette era uscita di sotto la tavola.
      «Oh, sì, signore!» disse. «Il cavallo ha bevuto, ha bevuto nel secchio, pieno, gli ho portato io da bere e gli ho parlato.»
      Non era vero. Cosette mentiva.
      «Guardala un poco! È grossa come un pugno e dice bugie grandi come una casa!» esclamò il mercante. «Ti dico che non ha bevuto, furfantella! Ha un modo di soffiare, quando non ha bevuto, che conosco benissimo.»
      Cosette insisté e aggiunse colla voce arrocchita dall'angoscia, che si sentiva appena:
      «Ed ha bevuto molto, anche!»
      «Suvvia,» disse il mercante, incollerito «questo non vuol dir nulla. Si dia da bere al mio cavallo e sia finita!»
      Cosette tornò sotto la tavola.
      «Dopo tutto, è giusto,» disse la Thénardier. «Se quella bestia non ha bevuto, bisogna che beva.»
      Poi, guardandosi intorno, continuò:
      «Ebbene, dov'è dunque la ragazza?»
      Si chinò e scoperse Cosette rannicchiata all'altra estremità della tavola, quasi sotto i piedi dei bevitori.
      «Vieni o no?» gridò la Thénardier.
      Cosette uscì da quella specie di buco in cui s'era nascosta e la Thénardier riprese:
      «Signorina Cane senza nome, va' a portar da bere a quel cavallo.»
      «Ma signora,» disse Cosette debolmente «non c'è acqua.»
      La Thénardier spalancò la porta di strada.
      «Ebbene, va' a prenderla!»
      Cosette chinò il capo e andò a prendere un secchio vuoto vicino al camino; era più grande di lei, tanto che avrebbe potuto sedervisi dentro e starvi comoda.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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