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      Jean Valjean s'era messo ad insegnarle a leggere. Talvolta, mentre faceva compitare la bimba, andava pensando che aveva imparato a leggere in prigione coll'idea di fare il male, approdando al risultato d'insegnare a leggere ad una bimba; allora il vecchio galeotto sorrideva, del pensoso sorriso degli angeli. Sentiva in quel che accadeva una premeditazione di lassù, una volontà di qualcuno che non è l'uomo, e si perdeva nella meditazione; poiché i buoni pensieri hanno i loro abissi, come i cattivi.
      Insegnare la lettura a Cosette e lasciarla giocare, era all'incirca tutto lo scopo della vita di Jean Valjean; inoltre, le par lava di sua madre e la faceva pregare. Ella lo chiamava papà e non gli conosceva altro nome.
      Egli passava ore ed ore a contemplarla, mentre vestiva e svestiva la bambola, ed a sentirla chiacchierare. La vita gli pareva ormai piena d'interesse, gli uomini gli parevano buoni e giusti e non rimproverava più, nella sua mente, nulla ad alcuno, né scorgeva la minima ragione di non diventare vecchissimo, ora che quella bimba l'amava. S'immaginava tutto un avvenire illuminato da Cosette, come da una luce incantevole; e poiché neppure i migliori vanno esenti da qualche pensiero egoistico, andava pensando di tanto in tanto, con una specie di gioia, ch'ella sarebbe stata brutta.
      La nostra è solo un'opinione personale; ma, per dire interamente il nostro pensiero, nella condizione in cui si trovava Jean Valjean, quando si mise ad amare Cosette, non ci sembra affatto dimostrato ch'egli non avesse bisogno di quel nuovo viatico, per perseverare nel bene.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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