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      Indietreggiò atterrito e impietrito, non osando respirare né parlare, né restare, né fuggire, osservando il mendicante, il quale aveva chinato il capo ricoperto d'un cencio e sembrava non sapesse più ch'egli era presente. In quello strano momento un istinto, forse il misterioso istinto della conservazione, fece sì che Valjean non pronunciasse una sola parola. Il mendicante aveva la stessa statura, gli stessi cenci, la stessa apparenza degli altri giorni. «Eh, via!» disse Jean Valjean. «Sono matto! Sogno! Impossibile!» E rincasò, profondamente turbato, poiché a stento osava confessare a se stesso che la faccia che aveva creduto di vedere era quella di Javert.
      La notte, pensandoci, rimpianse di non aver interrogato l'uomo, per costringerlo a rialzare il capo una seconda volta.
      Ritornò il giorno dopo, alla stessa ora: il mendicante era al suo posto. «Buongiorno, galantuomo,» disse risolutamente Valjean, dandogli un soldo. Il mendicante alzò il capo e rispose con voce piagnucolosa: «Grazie, mio buon signore.» Era proprio il vecchio scaccino.
      Jean Valjean si sentì rassicurato e si mise a ridere. «Dove diamine ho potuto vedere Javert in costui?» pensò. «Ohibò! forse che sto per soffrir di traveggole, adesso?» E non ci pensò più.
      Pochi giorni dopo (potevan essere le otto di sera), mentre era in camera e faceva sillabare Cosette ad alta voce, sentì aprirsi e poi chiudersi la porta della catapecchia. La cosa gli parve singolare, dato che la vecchia, la sola che con lui abitasse la casa, si coricava sempre sull'imbrunire, per non consumare la candela; fe' cenno a Cosette di tacere e sentì che salivano la scala.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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