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      Forse, ebbe torto d'esitare a riconoscere l'antico galeotto, poiché gli sarebbe dovuta bastare la prima occhiata; ebbe torto di non impadronirsi puramente e semplicemente di lui nella stamberga; ebbe torto di non arrestarlo, quando lo riconobbe con certezza in via Pontoise e di fermarsi a concertarsi sul da fare coi suoi ausiliari, nel crocicchio Rollin, in pieno chiaro di luna. Senza dubbio, i pareri sono utili ed è ben fatto conoscere ed interrogare quelli fra i cani che meritano fiducia; ma per il cacciatore le precauzioni non sono mai troppe, quando si tratta di cacciare animali inquieti, come il lupo e il forzato. Javert, troppo preoccupato di mettere i suoi segugi sulla pista della bestia, allarmò questa, dandole sentore della caccia e facendola fuggire. Ebbe torto, soprattutto, fin dal momento in cui ebbe ritrovato la pista al ponte d'Austerlitz, di giocare quel gioco formidabile e puerile di tenere un simile uomo legato all'estremità d'un filo; si ritenne più forte di quanto non fosse e credette di poter giocare al sorcio con un leone. Contemporaneamente, si ritenne troppo debole quando giudicò necessario aggregarsi un rinforzo, precauzione fatale e perdita di tempo prezioso. Javert commise tutti quegli errori, pur essendo, malgrado ciò, una delle spie più dotte e più corrette che mai siano esistite. Era, in tutta la forza della parola, quello che in termine di caccia si dice un cane prudente; ma chi è perfetto?
      I grandi strateghi hanno tutti le loro eclissi.
      Le grosse sciocchezze sono fatte sovente, come le grosse funi, d'una moltitudine di fili.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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