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      I pasti erano uggiosi, com'era severo il cibo delle stesse fanciulle; un solo piatto: carne e verdura frammischiati, oppure pesce salato, costituiva il grande lusso. Quel semplice pasto, riservato alle sole collegiali, era tuttavia un'eccezione. Le fanciulle mangiavano e tacevano, sotto la stretta sorveglianza della madre di turno settimanale che, di tanto in tanto, se una mosca osava volare o ronzare contro la regola, apriva e rinchiudeva con fracasso una specie di libro di legno. Quel silenzio era condito colla vita dei santi, letta ad alta voce in una piccola cattedra con un leggìo, posta ai piedi del crocifisso; la lettrice era un'allieva anziana, di settimana. Sulla tavola nuda, v'erano ogni tanto alcuni catini di terraglia verniciata, nei quali le allieve lavavano da sé le scodelle e le posate e nei quali, talvolta, buttavano qualche rifiuto, carne dura o pesce andato a male; cosa che veniva punita. Quei catini venivano chiamati bacini d'acqua, con un innocente gioco di parole.
      La fanciulla che rompeva il silenzio faceva una «croce colla lingua». Dove? In terra. Leccava il pavimento. La polvere, fine di tutte le allegrie, era incaricata di castigare quei petali di rosa, colpevoli di cinguettare.
      Vi era nel convento un libro stampato soltanto in un unico esemplare e che è proibito di leggere: è la regola di san Benedetto, arcano che nessuno sguardo profano deve penetrare. Nemo regulas, seu costitutiones, nostras, externis communicabit. Le allieve riuscirono un giorno a rubare quel libro e si misero a leggerlo avidamente, spesso interrotte dal terrore d'essere sorprese, che faceva loro chiudere a precipizio il volume.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Benedetto